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Libri / Rue de la Cloche

di Giorgio Maimone

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16 febbraio 2010


I rischi della traduzione. E della speculazione immobiliare
"Rue de la Cloche non esiste più. Alcuni anni fa è stata rimpiazzata da un giardino. Lunga vita ai suoi ex abitanti". Con questa nota dell'autore alla fine del libro della versione italiana, si stende il de profundis per un quartiere che poteva diventare facilmente di culto, come la Belleville di Daniel Pennac. Serge Quadruppani, peraltro, col più celebre collega francese ha in comune alcune caratteristiche: la coralità del romanzo, dove può anche esserci una voce narrante, ma sono tanti i personaggi che la agiscono, la complessità delle trame che devono sempre risalire fino al complotto cosmico anche per risolvere beghe di quartiere e un pessimismo di fondo che si concretizza in uno sguardo invece affettuoso sull'altra umanità, quella che vive ai margini e che potrebbe non essere materia del narrare comune. Inoltre, ennesimo fattore in comune, una prosa grondante e ricca, strutturata e sbieca, immaginifica ma semplice che ci porta sempre al punto dove vuole arrivare, ma scegliendosi lei gli itinerari. Quadruppani, d'altro canto, con le parole ci vive e le mastica con sapienza, in quanto, oltre a essere scrittore in proprio (questo è il suo terzo libro) è anche traduttore dall'italiano al francese dei maggiori giallisti nazionali: Andrea Camilleri, Massimo Carlotto, Marcello Fois, Gianluca De Cataldo, che riconoscono al collega e traduttore, "una grandissima qualità di scrittura e una notevole tecnica narrativa" (Andrea Camilleri). "Rue de la Cloche" narra la vicenda di Leon, guarda caso traduttore pigro e disilluso, afflitto dal mal d'amore per la dipartita dell'amata Juliette: "Aprì gli occhi, si disse che avrebbe potuto vivere senza di lei, ed ebbe voglia di morire. Poi la vita continuò". Al vertice del suo umor nero, Leon defenestra i manoscritto che sta traducendo (e che non ha ancora letto), perdendolo per sempre. Ma il caso vuole che in questo manoscritto sono elencate tutte le malefatte urbanistiche ordite dal Presidente della Francia e che sulle sue tracce si gettino la Yakuza giapponese, la mafia italiana, la Cia americana e tutti i servizi più o meno deviati di Francia. La sorte di Leon, a cui nessuno crede quando assicura di aver gettato via il manoscritto, varrebbe meno di una cicca usata, se al suo fianco non comparisse Emile K., un ex superpoliziotto che ora agisce per i fatti suoi (non è al soldo di nessuno) e che lo aiuta a barcamenarsi nella vicenda, a ritrovare Juliette e poi a perderla di nuovo, perché le strade dell'amore sono in fondo mutevoli assai. In mezzo ci sta di tutto: inseguimenti, enigmi, morti ammazzati, salvataggi miracolosi, ricatti. Insomma tutto il repertorio che è necessario per un noir letterario di qualità . Quadruppani sa condurre il gioco e, anche se rischia in equilibrismi di trama difficili da condurre a segno, riesce sempre a raddrizzare la barchetta e a portarla in rada, sfidando i marosi. La lettura fa esattamente questo effetto: la scrittura dell'autore è infatti ansiogena, nervosa, straripante ed inventiva. Forse troppo per chi predilige la linearità di scrittura di un Izzo, ma in linea con la verve inventiva di Jean-Patrick Manchette o, risalendo per li rami, di un Leo Malet. Proprio Manchette, scomparso nel 1995, ma l'edizione francese di "Rue de la Cloche" è del 1992 aveva affermato che "Nel campo del romanzo noir francese è quanto di più interessante io abbia letto negli ultimi anni … Quadruppani rianima l'aggressività sociale che contraddistingue la grande narrativa noir fin dalle origini". Emile K. (Krachevski il nome per intero) è un personaggio di ritorno dal precedente romanzo di questo autore, ossia "Y", ma tutto il contorno è diverso e non si ha mai l'impressione di essersi infilati nella trafila di un romanzo seriale. Solo lo stile rimane intensamente e definitivamente noir.

Rue de la Cloche
Serge Quadruppani
farfalle Marsilio I gialli
Pag. 307 – euro 17,00
Prima edizione italian novembre 2009

16 febbraio 2010
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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